¶¶¶ UFFIZI GALLERIES IN FLORENCE: Still wild waiting-lines for hours without any assistance for those who don’t pay the reservation with the increased price

OPEN LETTER/ARTICLE IN THE ITALIAN LANGUAGE

Agli organi di stampa
Al Ministero per i beni e le attività culturali
Alla cortese attenzione del Professor Antonio Paolucci

Ravenna, 20 gennaio 2019

 

GALLERIE DEGLI UFFIZI

Ancora file selvagge di ore d’attesa senza assistenza per chi non paga la prenotazione a prezzo maggiorato

 

Se consideriamo che l’esperienza di visita di un museo non inizi dal momento in cui si varca la soglia dell’entrata, ma da quando il visitatore si mette in fila con l’intento di varcare quella soglia, e che quindi qui dovrebbe iniziare l’attenzione, il provvedere alle informazioni e l’eventuale assistenza da parte del personale, posso semplicemente affermare dalla mia esperienza personale che le Gallerie degli Uffizi sono fortemente manchevoli, poiché non provvedono in nulla a tutto questo, abbandonando centinaia e centinaia di visitatori a se stessi, trattandoli come gli sfortunati che non hanno prenotato pagando il prezzo maggiorato e dunque che meritano di entrare a sprazzi con attese in fila di tre ore e oltre.
Mi appresto qui a descrivere quanto da me esperito, che non è avvenuto in un weekend di fuoco di luglio o d’agosto, in un’Italia degli anni ’90 o magari diciamo del 2010, ma a tre anni dall’insediamento della direzione a “guida tedesca” che agli organi di stampa spiega di prendersi seriamente cura del problema. Siamo in bassa stagione, nel giorno infrasettimanale lavorativo di venerdì 4 gennaio 2019 (l’unica scusante può essere che gli istituti scolastici erano chiusi).
Ho inteso così valorizzare la mia esperienza personale per la stampa e gli addetti ai lavori, descrivendo quanto accade esattamente nel mettersi in fila per acquistare il biglietto ed entrare agli Uffizi a prezzo base, senza prenotazione, dato che chi si occupa di stampa o gli addetti ai lavori generalmente (o spesso) non necessitano di passare dalla fila per entrare in un museo. Non si tratta di un tema di alto interesse accademico e culturale, ma riguarda l’esperienza di visita del museo, argomento che ritengo più importante dell’organizzazione di nuove mostre o di altre operazioni “commerciali”, avendo la galleria già di per sé abbastanza tesori da poter semplicemente occuparsi di fare bene il suo mestiere di organizzazione della visita.
La lunga coda che ci si ritrova inizialmente davanti parte quasi dal lungofiume dell’Arno, con un flusso irregolare che inganna il visitatore: infatti, generalmente pare che questi visitatori vengano fatti convenzionalmente entrare per gruppi di cinquanta persone ogni quaranta minuti (cosa che non avviene affatto regolarmente), così capita che qualcuno inizi questa fila proprio perché vede un gran procedere improvviso in avanti di parecchi metri, per poi rimanere fermo e senza informazioni (è ciò che è accaduto a me). Alcuni abbandonano la fila dopo i primi trenta minuti. Il freddo attorno allo zero arriva sotto zero sotto i portici e comincia a pungere seriamente. Così, questi visitatori lasciati totalmente all’anarchia, senza nessuna persona del museo a perlomeno fingere di preoccuparsene, cominciano a organizzarsi mandando famigliari a prendere cibo e bevande calde, con un continuo viavai di persone: uno scenario degno delle commedie popolari italiane del dopoguerra. Ma questa massa di centinaia e centinaia di persone, non è fatta semplicemente di sprovveduti, si tratta magari di chi cerca di risparmiare costi aggiuntivi per tirare avanti in un’Italia ancora in crisi economica, già che si sta visitando una città, Firenze, dove si paga anche per entrare nelle chiese, se di valore artistico
elevato.
Una tale inefficienza degli Uffizi solo parzialmente può venire giustificata dal fatto che ci si sta comunque occupando del problema da due anni, come si dice. Ammetto che avendo lavorato negli ultimi anni all’estero, nello specifico in musei russi (l’Ermitage e il Fabergé a San Pietroburgo), non sono così aggiornato sui dibattiti italiani in merito. Semplicemente però credo che alle soglie del 2020 non si possano più abbandonare così a se stessi per ore e ore, quasi per punizione, coloro che non hanno avuto la prontezza o la saggezza di leggere tutti i consigli dati nel sito internet del museo (consigli anche volti a deresponsabilizzarsi), ovvero di comprare il biglietto a prezzo maggiorato per evitare le file.
Ma continuiamo con la mia esperienza. A un certo punto, dopo circa un’ora e mezza, la fila si blocca totalmente, devono essere aumentati i visitatori della “fila veloce” di chi ha la prenotazione. Alcuni degli sventurati della “fila degli asini che non hanno prenotato” (come ci si sente trattati dal museo), vanno allora a vedere cosa sta succedendo all’entrata, finalmente individuabile nella confusione, trovando un pannello elettronico che annuncia tre ore circa d’attesa. I traffici di gente, che si allontana dalla fila per poi tornare aumentano, si scorgono poi furbi che sfacciatamente passano davanti agli altri, ma si cerca di non litigare. Perlopiù questa fila è fatta infatti dall’italiano “medio”, padre pacifico di famiglia, dalla faccia onesta. Sotto al portico comincia a fare seriamente freddo. La gente batte i denti, alcuni tremano, i bambini si lamentano, altri si muovono meccanicamente e freneticamente per non sentirsi congelare. Una tale situazione non sarebbe affrontabile da una persona anziana che non immaginava di rimanere bloccato così a lungo. Ma chi non ha un handicap certificato ma semplicemente dopo le prime due ore di fila si accorge di non farcela fisicamente, senza alcuna informazione, cosa dovrebbe fare?
Ci si chiede, andando più nel tecnico, come sia possibile una tale situazione, avendo gli Uffizi un numero di visitatori di gran lunga inferiore a quello dei grandi musei del mondo: 2,2 milioni all’anno, un terzo di quelli dei Musei Vaticani. Il problema, ci si interroga, sono le dimensioni del museo più importante d’Italia? La sicurezza interna e l’incolumità delle opere? Intanto dal di fuori i visitatori in fila vedono attraverso i vetri la scalinata di uscita e il bookshop del museo: dentro regna la calma, non c’è per nulla calca, ci sarebbe spazio a volontà per tante persone.
Dopo tre ore si arriva finalmente verso l’entrata, a quel punto per la disperazione e i nervi tesi ci si accalca, non si rispetta più la fila, gli incivili con forza fisica l’hanno vinta sulle persone più deboli o semplicemente le persone perbene. Ci si sente come bestiame che man mano che procede si comprime allargandosi. Quando finalmente arrivano ad aprirti la cordicella di contenimento, si è posti in una zona d’attesa, ancora all’addiaccio, per diversi minuti, poi dentro.
Entrati, si deve passare attraverso un’unica postazione con strumentazioni di controllo per la sicurezza, una sola, e solo due casse per il gruppo di persone fatte passare dall’enorme fila descritta. Lamentandosi con la cassiera della situazione, questa allarga le braccia come per dire (da mia deduzione a partire dalla mimica) che l’organizzazione è sbagliata ma non la decide lei, dietro di lei altri lavoratori del museo che osservano con un sorrisino. Lamentandosi ulteriormente con il controllore del biglietto più avanti, stessa reazione: pare che chi lavora dentro sia conscio della problematicità di come le cose sono organizzate. Al guardaroba invece si trovano due o tre addetti quasi totalmente liberi. Insomma, si ha l’impressione che si tengano fuori i visitatori il più possibile, per tenere un ritmo di lavoro calmo per una struttura di accoglienza parecchio sottodimensionata alle necessità.
Con l’accesso alle gallerie dei musei, si passa inizialmente tra stanze adibite a mostre temporanee. Gli spazi appaiono grandi, liberi, potrebbero essere occupati da perlomeno il doppio delle persone, senza per questo mettere a rischio le opere. L’unico momento di attesa e di micro-calca durante tutta la visita all’interno è nei punti dove ci si affaccia alle strette porte che danno sulla famosa Tribuna, saletta ottagonale che racchiude la parte più antica della galleria, una magnifica attrattiva dove ci sarebbe calca anche se a visitare il museo fossero in tutto cento persone. Dunque, perché non fare entrare più persone per volta nel museo? Sarà un problema di regole formali di sicurezza? O burocratico? O queste sarebbero invece scuse di mala organizzazione?
Facendo un breve sondaggio tra i miei conoscenti di quando hanno visitato l’ultima volta gli Uffizi, mi viene risposto che ciò è avvenuto decenni prima e che generalmente hanno rinunciato a questa meta a ogni visita di Firenze negli anni successivi, proprio per il problema della fila. Ripensiamo dunque un po’ al numero dei visitatori e al perché il maggiore museo italiano non riesce a competere nei numeri con i più grandi musei del mondo.
Oppure a Firenze, guardando anche le lunghissime file (a perdita d’occhio) al Duomo e al Battistero in fronte ad esso, si è “più avanti” che altrove dal punto di vista del preservare i luoghi artistici da un numero eccessivo di visitatori per volta. Forse i musei nel futuro non saranno più ritenuti luoghi adatti per un pubblico di massa, a quel punto, passo dopo passo si arriverebbe alla decisione di limitare le entrate solo su appuntamento, come mi pare di capire sia per Galleria Borghese a Roma. Ma non penso ci sia già questa emergenza, perlomeno non ancora, specie per un museo, gli Uffizi, di certo non piccolo e caratterizzato da larghi corridoi.
Leggo comunque, attraverso internet, che la direzione del museo – aiutata in questo dall’Università dell’Aquila – avrebbe trovato una soluzione chiamata come il conquistatore “Cesare”, presentata dal direttore tedesco come eccezionale e di grande avanzamento statistico-tecnologico, soluzione che sembra verrà posta in essere nei prossimi mesi. Essa sarebbe già stata testata con superlativi risultati in una giornata di entrata libera gratuita al museo, con certamente un gran numero di visitatori, ma in una occasione – va detto – in cui nessuno doveva effettuare pagamenti per entrare. La soluzione sarebbe la seguente, ovvero di dare, a chi arriva per visitare il museo, un foglietto con indicato l’orario (calcolato con un algoritmo) in cui non troverà fila. Beh, a colpo d’occhio non sembra altro che l’atto di “spalmare su appuntamento” le persone, cosa che può funzionare se il turista ha tempo e modo di recarsi nel giorno e nell’orario indicato.
Concludendo, è sicuro che anche il turista abbia il dovere di informarsi e prepararsi al meglio, o diciamo, di non fidarsi del progresso organizzativo dei musei. Ma non tutti i turisti hanno i mezzi per farlo, non tutti i turisti sanno della famosa fila agli Uffizi, in definitiva non tutti pensano sempre male dell’organizzazione delle cose. Magari alcuni, come me, potrebbero anche aver pensato che, oltretutto in bassa stagione, gli sforzi proclamati dall’amministrazione abbiano già sortito degli effetti. Non per questo il visitatore si merita di essere lasciato tanto tempo senza informazioni e in abbandono al clima.
Una cosa rimane certa: dal momento che ancora non si è unanimemente deciso di fare dei musei un luogo per turisti “selezionati” e dal momento che per gli sbagli degli uni e degli altri, fino al riscontro reale dei miracolistici effetti dell’“Operazione Giulio Cesare”, una fila di centinaia e centinaia di persone si viene ancora a creare, occorre fare di più per impiegare il personale a informare le persone sul posto e chissà, magari, dato che in Italia si è decisa una politica per cui non ci sono sconti di cittadinanza (come avviene ad esempio in Russia), utilizzare i guadagni per ristrutturare qualche sala in meno, allestire qualche mostra in meno, ma rendere tutto il ciclo della visita, anche il momento della fila, meno duro. Ciò anche solo cercando con creatività di proteggere dal clima (chiudendo forse con tende una parte del porticato) l’ambiente dove le persone aspettano per ore, o utilizzando meglio gli spazi delle mostre e dei grandi bookshop a piano terra. Dimostrare cioè in qualche maniera ai visitatori che all’Amministrazione importi qualcosa delle loro prime tre ore di visita agli Uffizi, quando ancora non ne hanno varcato la soglia.